Perchè mai una donna consapevole sceglie di fare la sexworker?
Questa è una domanda che sentiamo ripetere spesso, o meglio non viene posta in questi termini, molto più semplicemente si afferma che non è possibile e che se ci sono persone che hanno scelto liberamente il lavoro sessuale c’è sempre qualcosa che non va, a cominciare dalla consapevolezza.
Da questo assunto di base, le sexworker, noi, ci troviamo nella strana posizione di dover dimostrare di essere senzienti. Che siamo in grado di ragionare e di fare delle scelte.
L’esperienza ha del surreale ci potete scommettere. Davvero è difficile capire perchè finchè non diciamo che facciamo sexwork nessuna e nessuno mette in dubbio la nostra capacità di ragionamento, addirittura ci si scambiano opinioni e consigli sulle questioni più disparate, da quelle più generali a quelle più intime.
Invece se, in prima battuta, facciamo coming-out come lavoratrici sessuali entriamo in una strana realtà parallela in cui non veniamo riconosciute.
Tutte noi conosciamo bene questo fenomeno dello “sdoppiamento” ed è uno dei motivi che ci spingono a non dichiarare il modo in cui abbiamo scelto di sostenerci economicamente. Tutte viviamo in due contesti: uno in cui si parla liberamente di tutto, un altro in cui si parla liberamente di quasi tutto. A volte, spesso, succede che con qualche persona che ci conosce, magari da tempo, decidiamo di dichiarare, finalmente, anche la nostra attività lavorativa e in questo caso diventa difficile per chi ascolta separare le noi che conosce dalla nuova informazione. Magari c’è un pò di spaesamento perchè l’ “immagine” della sexworker, della “puttana” non collima con quello che ha esperito fin’ora con noi. E’ necessario un aggiustamento, deve modificare l’immaginario in relazione alla categoria “lavoratrice sessuale”.
Questo avviene più frequentemente con alcune donne. Spesso gli uomini sanno che le sexworker sono persone tanto quanto loro, perchè ne hanno conosciuta qualcuna prima.
Magari devono sempre fare un aggiustamento perchè se ne conoscono le hanno conosciute solo nei contesti specifici in cui si è certi di trovare sexworker, che sono per la maggior parte “luoghi deputati” in cui non si va per parlare di politica ad esempio (anche se talvolta capita). Questa separatezza crea in parte la percezione distorta che si ha del sexwork. Questo esisterebbe solo in quel mondo preciso, slegato dal resto in cui le persone esprimono aspetti di sè che “nel’altro mondo non esprimono” e una volta uscite/usciti si trasformerebbero come per incanto in altre persone:
noi diventeremmo persone senzienti a patto di non rivelare la frequentazione del mondo segreto, i clienti diventano non-clienti, mariti, fidanzati, amanti e padri insospettabili, che in nessun modo porterebbero con sé l’esperienza appena vissuta. Magie.
Noi però non crediamo alle magie. Non queste almeno. Noi rimaniamo noi stesse, senzienti dentro e fuori dal lavoro sessuale e i clienti non smettono di essere clienti appena chiusa la porta del mondo segreto.
Chi vede tutto questo? Solo chi ha attraversato la porta.
Ombretta Rossa
nota – Ho declinato al femminile il termine sexworkers perchè in questa sede l’accento è sulla percezione che si ha in particolar modo delle donne coinvolte nel lavoro sessuale da una prospettiva sopratutto etero mentre si potrebbe aprire una lunga parentesi sulla diversità della percezione del lavoro sessuale in ambienti gay rispetto a quello degli ambienti etero. E, chiaramente, se un uomo decide di lavorare con il sesso non viene messa in dubbio la sua capacità di intendere e di volere.