17 dicembre – Giornata internazionale contro la violenza sull3 S3x Worker.

Questa giornata ci dà l’occasione per ribadire che il sex work è lavoro. Ed è partendo da questa premessa, per noi insuperabile, che dobbiamo leggere la natura della violenza sull3 sex worker: sopruso e stigma indotti da un sistema sociale ed economico prevaricatore, fondato ad uso e consumo della piramide patriarcale classista e razzista, che sacrifica sull’altare del capitalismo ogni soggettività ed ogni minoranza non soggiogabile.

La violenza contro l3 sex worker è anche il risultato di una società che non ci riconosce come lavorator3 e che ci vuole invisibilizzare stigmatizzandoci, censurandoci, gettandoci ai margini priv3 di qualsiasi tutela; esponendoci consapevolmente a qualsiasi rischio. Lo abbiamo visto durante questi anni di pandemia Covid-19 in disagio, povertà, mancanza di tutele e ammortizzatori sociali che ha travolto le persone più marginalizzate, tra cui un alto numero di sex worker, molte delle quali migranti e sole. Ma la pandemia ha solo evidenziato questi problemi e portati all’eccesso.

È violenza sistemica, che si nutre delle politiche securitarie e perbeniste, tese a colpire noi, il nostro lavoro e la nostre fonte di reddito, i nostri rapporti nel tentativo di annientare la nostra esistenza stessa.

Non ci stanchiamo di dire, allora, che è proprio la mano del patriarcato – violenta, maschilista, classista, razzista- a ucciderci in modo seriale e sistematico, come successo a Roma poche settimane fa.

Ed è sempre la voce moralista del patriarcato a spingere verso gli approcci repressivi ed abolizionisti che criminalizzano il nostro lavoro, spingendoci ancora più lontan3 da ogni possibilità di tutela giuridica.

I dati che abbiamo sono pochi soprattutto perché viviamo nell’invisibilità e non possiamo dare una restituzione numerica delle violenze, delle aggressioni, delle uccisioni.

Sappiamo dai dati del Tgeu che il 43% delle donne trans che sono state uccise erano s3x worker. Che non abbiamo alcun tipo di tutela e spesso nessuna forma di solidarietà fuori dal movimento.

Quello che vogliamo rivendicare oggi, nella Giornata internazionale contro la violenza sull3 Sɜx Workers, è che la lotta contro questa violenza è una battaglia intersezionale; e va combattuta in concreto, creando rete, resistenze, mutualismo, supporto e favorendo quegli strumenti di riduzione del rischio, di fuoriuscita da tratta e sfruttamento, di lotta allo stigma e alla violenza.

La violenza contro l3 sɜx worker va combattuta uscendo dalle narrazioni e dalle costruzioni astratte e strumentalizzanti; ma sostenendo in concreto noi sɜx workers e riconoscendo il sɜx work come lavoro a tutti gli effetti.

La violenza contro l3 sɜx worker va combattuta ogni giorno fornendo risposte concrete ad esigenze concrete.

Ci battiamo ogni giorno contro ogni forma di abuso, sfruttamento, tratta e coercizione e ci batteremo affinché si ponga fine a ogni tipo di violenza e sfruttamento. Ci battiamo per una politica che includa le voci e i bisogni di chi vende sesso per vivere e che sostenga e dia opzioni concrete, diritti, supporto e documenti a chi deve e vuole migrare per sopravvivere, per cercare una vita migliore e per fuggire da fame e guerra.

Decriminalizzazione del sex work, decriminalizzazione della migrazione.

 

(Questa grafica è stata realizzata per la campagna di crowdfunding “Nessuna da sola”: il supporto alle persone che lavorano nel sex work può essere fatto in diversi modi. Contro lo stigma, contro ogni forma di violenza)
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Tutte le sex workers uccise sono nostre sorelle

Prendiamo parola dopo l’ennesima notizia di cronaca nera che ci riguarda, l’uccisione di tre donne sex worker a Roma, il 16 novembre. Quest’anno, come ogni anno, sono tantx, troppx di noi ad averci lasciato. Sono mortx nell’indifferenza di (quasi) tuttx, probabilmente anche la vostra. Uccisx dalla violenza di un sistema puttanofobico e sessuocentrico, da clienti, amanti, conosciuti o sconosciuti che pensano che le nostre vite non valgano nulla perché siamo solo puttane. E a chi importa della morte di una puttana?

Non riusciamo nemmeno a contare il numero delle aggressioni, delle violenze, degli stupri, delle morti di sex worker che nel 2022 hanno riempito i giornali. Non riusciamo nemmeno a immaginare quelle che non ci sono finite, perché la maggior parte delle violenze contro di noi accade in silenzio e persino noi stessx abbiamo paura di parlarne. La violenza, lo stigma e la repressione che viviamo ci isolano e aumentano la nostra vulnerabilità. Siamo spesso ai margini e cumuliamo oppressioni che nel sex work esplodono, ancor più perché il nostro lavoro é stigmatizzato e non riconosciuto. Siamo ovunque, eppure nessuno ci vede. Tranne quando serviamo come pedine da giocare nel dibattito pubblico per giustificare azioni o leggi repressive per “proteggerci”, in nome di un paternalismo nemmeno troppo celato che vorrebbe avere il controllo sui nostri corpi.

Anche il linguaggio che si usa per definirci ci offende. Di FEMMINICIDIO si tratta! L’interesse pruriginoso per la realtà delle sex worker cinesi, i numeri e i dati… No, non serviamo solo a darvi questi dati Le tre colleghe uccise erano lavoratrici sessuali. Sono state uccise sul luogo di lavoro. Onorate la loro memoria e non chiamateci con degli appellativi che non ci rappresentano.
La morale, il pudore e il rigore cattolico generano mostri che attentano alle nostre soggettività e alle nostre vite. Vogliono tenerci zitte e buone, mere statistiche su fogli di carta, ben distanti dalla realtà e dalla materialità delle nostre esistenze. Ma non resteremo in silenzio a osservare questa lista di tragici eventi allungarsi. Non basteranno lo stato, la chiesa o il patriarcato per farci smettere di esistere e di gridare la nostra rabbia.

Siamo qui e siamo vere, tutti i giorni. I nostri corpi attraversano queste strade, queste stanze. Siamo stanche di ritrovarci a piangere la vita di sorelle, amiche, conoscenti e amanti. Siamo stanche di dover avere paura, consapevoli di poter essere un giorno piante a nostra volta.
Per l’insieme di tutte queste ragioni ci troverete in piazza, alla manifestazione di Non Una di Meno del 26 novembre a Roma. Perché la violenza contro di noi è parte integrante della violenza patriarcale. Perché siamo parte del movimento transfemminista. Perché siamo stanche, e terribilmente arrabbiate.

Carol, Nevila, Sabah, Camilla, Vanesa, Marta… e tuttx voi di cui non conosciamo il nome. Vi portiamo tuttx nei nostri cuori, questo grido di dolore e di rabbia è per voi. Rest In Pride.

Ombre Rosse

ADESIONI (in aggiornamento):

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NO AL DDL MAIORINO e alle politiche calate dall’alto sulle nostre vite.

Siamo molto preoccupate e arrabbiate dal crescente avanzamento del modello neoabolizionista in Europa. Dopo Svezia, Francia e la proposta di legge in Spagna, in Italia viene proposto l’ennesimo disegno di legge che prevede la criminalizzazione del lavoro sessuale attraverso multe e, in caso di recidiva, carcere per i clienti. Non ci stancheremo mai di ribadirlo che la criminalizzazione non è mai la soluzione e continueremo a smascherare l’ipocrisia che si cela dietro a questa ideologia neo-abolizionista: criminalizzare non significa cancellare il lavoro sessuale, ma spingerlo ancora di più verso un contesto di violenza, clandestinità e pericolo.

I brevi articoli della legge riflettono il portato ideologico e le falsità riportate nella relazione che accompagna il disegno di legge. Si strumentalizzano fantomatici dati per rafforzare una narrazione che continua a dipingerci come semplici vittime, come persone da salvare contro il “cliente sopraffattore”. Non solo, si ricercano le motivazioni della prostituzione in presunte attitudini “psicologiche” delle donne trans, nell’aumento della migrazione e infine viene invisibilizzato il lavoro sessuale maschile. In un colpo solo si cancella la molteplicità delle nostre vite, distaccando il lavoro sessuale dalla materialità delle nostre esistenze e corroborando un’unica narrazione dove le nostre storie vengono schiacciate e invisibilizzate.

È odioso il riferimento alla parità di genere e a un più ampio riferimento femminista. Come s3x workers transfemministe attraversiamo da anni Non una di meno e nei territori siamo alleate di varie realtà transfemministe e queer, con cui non solo condividiamo pratiche politiche dal basso, che diano voce alle soggettività più marginalizzate, ma diamo corpo a una più generale lotta femminista e transfemminista che si basa sull’autodeterminazione dei nostri corpi. Insieme a questo movimento e alle nostre alleate abbiamo urlato che la “parità di genere” tanto sbandierata dalle bipartisan femocrate italiane è uno slogan vuoto e che la violenza di genere è strutturale e intrinsecamente legata alle condizioni di classe e di razza. Limitare l’accesso al reddito per noi non vuol dire “essere liberate”, ma ci costringe a condizioni di ulteriore marginalità e indigenza.

Quindi lo ribadiamo ancora e ancora: il femminismo s3xwork-escludente non è femminismo! Non staremo zitte quando influenti parlamentari, dall’alto del loro scranno, ci dicono che “la prostituzione non sviluppa la persona umana, degrada e svilisce”. In una sistema sessista, omolesbobitransfobico e razzista la sola cosa che svilisce è la mancanza di tutele e diritti per le lavoratrici sessuali. Promuovere la criminalizzazione del lavoro sessuale a livello giuridico e sociale non fa altro che aggravare la materialità delle nostre vite, in un sistema di welfare, quello italiano, totalmente inadeguato, insufficiente e costantemente picconato su tutti i fronti da feroci politiche neoliberali. Ciò che va problematizzato è lo sfruttamento del lavoro all’interno del sistema capitalistico, che taglia fuori dall’accesso al reddito e da tutele di welfare le soggettività più marginalizzate. Questa criminalizzazione si sommerebbe alla criminalizzazione dei flussi migratori, tra le cause dello sfruttamento sessuale all’interno della tratta.

Rigettiamo la strumentalizzazione del fenomento della tratta per legittimare il non riconoscimento del lavoro sessuale come lavoro: s3x work is work! e va tutelato come tale! Alessandra Maiorino si erge a paldina dei diritti lgbt+: rigettiamo anche la contrapposzione tra diritti civili e diritti sociali, soprattutto quando si legifera sui nostri corpi, silenziando le nostre voci: questo ddl è stato stilato senza nemmeno la decenza di ascoltare le lavoratrici sessuali e ciò che veramente vogliamo, a differenza di quanto succedeva in passato. Questo cambiamento di metodo legislativo è indicativo della volontà di sovradeterminarci. E mentre nel palazzo si legifera su di noi, due lavoratrici sessuali sono state brutalmente uccise e sono state doppiamente uccise quando i media hanno celato la violenza di genere e puttanofobica: sono state uccise in quanto s3x worker, mentre lavoravano!

Per Nevila e Camilla e per tutte le lavoratrici che nell’ombra subiscono violenza non smetteremo di urlare che esigiamo la totale decriminalizzazione delle nostre vite e dei nostri corpi e il riconoscimento del lavoro sessuale come punto di partenza per una più ampia lotta al sistema eteropatriarcale che ci assegna in ruoli predefiniti, non esiste la puttana felice o la vittima inerte di violenza, esistono le nostre vite e continueremo a fare rumore!!!

Venerdì 17 nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani a Roma ancora una volta si parla su di noi senza di noi. Eppure le uniche persone che hanno competenza sul proprio corpo sono le persone che lo vivono . Non è ammissibile nessuna legge sui nostri corpi senza nemmeno consultarci e senza la nostra approvazione. Non ne possiamo più del vostro abuso di potere e della violenza su di noi in quanto s3x worker, in quanto donne e/o soggettività LGBTQAI+.

#FacciamoRumore!
#S3xworkiswork #Fight4decrim

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