SEX WORK IS WORK, NON È STUPRO A PAGAMENTO!

Dopo la segnalazione e la censura da parte di fb del nostro comunicato, ripubblichiamo! Non ci fermiamo!

SEX WORK IS WORK, NON È STUPRO A PAGAMENTO!

Lunedì 19 novembre alle 9 si terrà nelle sale di Palazzo D’Accursio a Bologna la presentazione del libro di Rachel Moran “Stupro a pagamento – la verità sulla prostituzione”. Nell’attuale contingenza storica, con un governo che attacca frontalmente, attraverso il ddl Pillon e il decreto Salvini, la vita e la libertà delle donne, delle/dei/* migranti, delle persone lgbtiaq e di tutte le soggettività non normate, e a pochissimi giorni dalla manifestazione nazionale di Non una di meno il 24 novembre a Roma, ci sorprende che abbia luogo nelle sale di Palazzio d’Accursio la presentazione del libro “Stupro a pagamento – la verità sulla prostituzione”, evento che prentende di sostituire alla molteplicità delle esperienze di vita delle/dei/* sex worker* un’unica narrazione.

NON POSSIAMO PERMETTERE che vengano portati avanti, addirittura con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, EVENTI CHE CI INVISIBILIZZANO IN QUANTO LAVORATRICI E LAVORATORI DEL SESSO e che sostengono discorsi per noi estremamente pericolosi: criminalizzare la nostra attività rafforza le leggi che controllano e reprimono il lavoro sessuale, con multe o ordinanze, senza interpellarci e senza darci alternative concrete, non fa che renderci più soggett* alla precarietà, all’impossibilità di trovare una casa, alla paura che ci tolgano i figli, ai maltrattamenti da parte di poliziotti, giudici e medici, a maggior violenza, da quella verbale a quella fisica, a quella istituzionale, a medicalizzazioni varie, se non a vere e proprie psichiatrizzazioni forzate. Aumentare la pena per il cliente significa spingere le lavoratrici a nascondersi sempre di più esponendosi maggiormente a pericoli, legittima il cliente a compiere violenza. Continue reading

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SpeakOut CasaIntDonne -O.W.

Il 20 gennaio 2018 alla casa internazionale delle donne è stato organizzato un evento da  Spazio Incontro dal titolo “sex work is work. Riflessioni sul sexwork, tra stigma e autodeterminazione”.
Altri interventi qui.

Introduzione di Barbara Bonomi Romagnoli:
“Il prossimo intervento invece è stato, come dire,  affidato ad una compagna che molte di voi conoscono che generosamente si è resa disponibile ad interpretare  alcuni vissuti, alcuni pezzi di vita che le ombrette, così si chiamano tra loro le amiche di Ombre Rosse, non possono condividere con noi di persona proprio per il discorso che finora è stato toccato velocemente, che è la questione dello stigma, lo stigma che crea pesanti ripercussioni nelle loro vite non solo a loro stesse ma anche a tutte le persone coinvolte nelle loro esistenze, compagne e compagni, figlie e figli, madri e padri e quindi  esporre loro stesse oggi significa esporre anche le persone a cui sono legate. Ed è questo diciamo un motivo che le frena dal raccontare direttamente le loro storie; alcune hanno un doppio lavoro quindi esporsi in prima persona significa avere ripercussioni sul fronte professionale, e magari quel secondo lavoro è quel lavoro a cui sono arrivate pagandosi gli studi facendo le sexworkers, e questo chiaramente crea anche una situazione dolorosa, di frustrazione. Per cui ringraziamo maggiormente Silvia Gallerano che darà voce, corpo e presenza a queste righe.”


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SpeakOut CasaIntDonne -Marea

Il 20 gennaio 2018 alla casa internazionale delle donne è stato organizzato un evento da Spazio Incontro dal titolo “sex work is work. Riflessioni sul sexwork, tra stigma e autodeterminazione”.

Di seguito trascrizione integrale dell’intervento di Marea.
Altri interventi qui

Se c’è una cosa che mi ha insegnato il femminismo all’inizio del mio percorso politico, ormai quasi 25 anni fa, è la sorellanza.

Sorellanza come riconoscimento e potenziamento umano oltre che politico, e come alleanza contro il sessismo e contro il potere autoritario, moralistico e repressivo di religioni, stati e dottrine varie.

Quando ho smesso di nascondere quello che facevo, mi è piombato addosso lo stigma che più temevo, quello delle donne, delle femministe, femministe come me…

Sapevo di intraprendere una strada che sarebbe stato difficilissimo rivendicare-raccontare, perché la non accettazione di quello che facevo partiva in primo luogo da me stessa, perché mi sentivo sbagliata, una femminista non più doc.

Quando ho scelto di abortire non ho avuto nessuna contro, a parte quelle stronze che mi hanno colpevolizzata e ostacolata in ogni modo all’ospedale, fino a fare male l’intervento e causarmi una brutta infezione.

Ma questa è una storia di quasi 20 anni fa , ora le ferite sono altre…

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