Riconoscimento, sorellanza e autodeterminazione, questa la nostra rivoluzione.

Care compagne,

vi scriviamo in seguito alla presentazione del libro “Stupro a pagamento. La verità sulla prostituzione” di Rachel Moran, presentato il 12 ottobre alla Casa delle Donne.

Abbiamo deciso proprio in questa sede di portare  la nostra testimonianza come sexworker,  femministe e altre soggettività transfemministe-queer alleate perché il femminismo stesso ci ha insegnato a non accettare che nessuno parli a nome nostro e perché la pratica dell’autodeterminazione vuole essere realmente la base delle scelte nella nostra vita, al di là che piacciano o meno.

Combattiamo da sempre contro l’oppressione, il sessimo e la violenza sulle donne e non solo. E lo sfruttamento tutto, della prostituzione in particolare, ci trova fermamente schierate contro, come femministe e anticapitaliste.

Per questo abbiamo scelto di venire alla presentazione del libro, perché veniva proposto un pensiero e una verità  UNICA che trascende la soggettività della scrittrice (la cui esperienza in sé rispettiamo totalmente) per elevarsi a verità UNICA, calpestando di fatto la nostra dignità di esistere e di poter scegliere, ponendo come base del suo pensiero la negazione chiara ed esplicita del sexwork e definendo come un FALSO MITO l’esistenza di sexworker consapevoli di scegliere.

La sua narrazione infatti vede TUTTI  i soggetti i del lavoro sessuale esclusivamente vittime di abuso e di stupro, invisibilizzando e stigmatizzando così le nostre esperienze ed esistenze.

Noi esistiamo e non ci vergogniamo, pensiamo che il femminismo non debba ergersi a giudice morale e detentore di un’unica verità e visione delle cose, dividendo di fatto le donne per bene e le donne per male, ed escludendo vissuti e realtà di tantissime donne che andrebbero riconosciute come soggetti pari,  e non solo e non sempre  unicamente come vittime.

Proprio in quanto soggettività consapevoli e autodeterminate, abbiamo scelto di prendere parola anche silenziosamente venendo alla presentazione con cartelli e volantini, per testimoniare le nostre esistenze negate dal libro e portare un femminismo che ci vede ALLEATE con la lotta internazionale delle sexworker.

Voleva essere un flash mob di cinque minuti, il tempo di attaccare cartelloni alle pareti e dare volantini, ma come ci siamo alzate siamo state subito insultate e fisicamente portate fuori dalla stanza dandoci delle violente e fasciste: “andate a fare le marchette sul marciapiede!” “Andate a fare le vostre  azioni di merda da qualche altra parte… sparite” etc,  queste le frasi.

Esprimere dissenso e manifestare le proprie istanze non è fascismo ma  pratica politica delle lotte, di quelle femministe nello specifico. Se si è arrivate a questo punto evidentemente è perché c’è bisogno che una parte del femminismo si interroghi sulla sua chiusura e sulle rigidità rispetto a temi come questo.

Auspichiamo che si apra un dibattito davvero inclusivo, ovvero partendo dal riconoscimento del sexwork come lavoro distinto dalla tratta e delle sexworker come soggettività sociali e politiche dignitose e fondamentali per affrontare una discussione che le riguarda in prima persona.

Alleghiamo il testo dei volantini strappati

Le frasi dei cartelloni si possono trovare nei cestini dell’immondizia della Casa.

Saluti femministi  (con amore, passione politica e speranza)

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