Prendiamo parola dopo l’ennesima notizia di cronaca nera che ci riguarda, l’uccisione di tre donne sex worker a Roma, il 16 novembre. Quest’anno, come ogni anno, sono tantx, troppx di noi ad averci lasciato. Sono mortx nell’indifferenza di (quasi) tuttx, probabilmente anche la vostra. Uccisx dalla violenza di un sistema puttanofobico e sessuocentrico, da clienti, amanti, conosciuti o sconosciuti che pensano che le nostre vite non valgano nulla perché siamo solo puttane. E a chi importa della morte di una puttana?
Non riusciamo nemmeno a contare il numero delle aggressioni, delle violenze, degli stupri, delle morti di sex worker che nel 2022 hanno riempito i giornali. Non riusciamo nemmeno a immaginare quelle che non ci sono finite, perché la maggior parte delle violenze contro di noi accade in silenzio e persino noi stessx abbiamo paura di parlarne. La violenza, lo stigma e la repressione che viviamo ci isolano e aumentano la nostra vulnerabilità. Siamo spesso ai margini e cumuliamo oppressioni che nel sex work esplodono, ancor più perché il nostro lavoro é stigmatizzato e non riconosciuto. Siamo ovunque, eppure nessuno ci vede. Tranne quando serviamo come pedine da giocare nel dibattito pubblico per giustificare azioni o leggi repressive per “proteggerci”, in nome di un paternalismo nemmeno troppo celato che vorrebbe avere il controllo sui nostri corpi.
Anche il linguaggio che si usa per definirci ci offende. Di FEMMINICIDIO si tratta! L’interesse pruriginoso per la realtà delle sex worker cinesi, i numeri e i dati… No, non serviamo solo a darvi questi dati Le tre colleghe uccise erano lavoratrici sessuali. Sono state uccise sul luogo di lavoro. Onorate la loro memoria e non chiamateci con degli appellativi che non ci rappresentano.
La morale, il pudore e il rigore cattolico generano mostri che attentano alle nostre soggettività e alle nostre vite. Vogliono tenerci zitte e buone, mere statistiche su fogli di carta, ben distanti dalla realtà e dalla materialità delle nostre esistenze. Ma non resteremo in silenzio a osservare questa lista di tragici eventi allungarsi. Non basteranno lo stato, la chiesa o il patriarcato per farci smettere di esistere e di gridare la nostra rabbia.
Siamo qui e siamo vere, tutti i giorni. I nostri corpi attraversano queste strade, queste stanze. Siamo stanche di ritrovarci a piangere la vita di sorelle, amiche, conoscenti e amanti. Siamo stanche di dover avere paura, consapevoli di poter essere un giorno piante a nostra volta.
Per l’insieme di tutte queste ragioni ci troverete in piazza, alla manifestazione di Non Una di Meno del 26 novembre a Roma. Perché la violenza contro di noi è parte integrante della violenza patriarcale. Perché siamo parte del movimento transfemminista. Perché siamo stanche, e terribilmente arrabbiate.
Carol, Nevila, Sabah, Camilla, Vanesa, Marta… e tuttx voi di cui non conosciamo il nome. Vi portiamo tuttx nei nostri cuori, questo grido di dolore e di rabbia è per voi. Rest In Pride.
ADESIONI (in aggiornamento):
Non una di meno Bergamo